Di tutti i giorni di scuola ne restano impressi 3 o 4, e il resto fa volume.
In qualcuno di questi giorni fai tutto, tranne quello che dovresti, e quel fare segna il suo spessore nell’ingombro della quotidianità.
È uno degli ultimi, sarà stato il 5 giugno, e l’assenza di una collega materializza il desiderio di evasione.
Pensarci troppo non serve. Ragioni sul fatto che l’occasione che hanno degli adolescenti di conoscere un artista che non studieranno mai perché troppo recente, sia pari al 10% delle probabilità, ad essere positivi.
Entri in classe e aspetti, ferma, in silenzio, in un punto più o meno strategico nel quale tutti possono vederti. Sorridi mentre loro, gli alunni, chiacchierano e scherzano. Ci avevi provato all’inizio dell’anno, ma lì i tempi erano sbagliati e non avevi avuto modo di accattivarti la loro disposizione ad ascoltarti.
Stavolta, la tua strategia di sguardi e sorrisi funziona, la loro voce si fa sempre più bassa, finché non cade il silenzio.

Comincia così:
Scrivo un nome.
– Qualcuno sa dirmi chi è?

Aula di Laboratorio Artistico del Liceo Artistico Michelangelo Guggenheim di Venezia.
Aula di Laboratorio Artistico del Liceo Artistico Michelangelo Guggenheim di Venezia.

Keti, nel frattempo, che si offre di fare l’assistente alla lavagna, comincia a prendere appunti, bianco su nero, sulla base delle informazioni che ritiene interessanti e ne fa una specie di mappa concettuale. Scrive, e io scelgo di non seguirla, perché penso che ognuno possa fare ciò che vuole, di quelle ore (distrarsi – se serve – anche se più o meno seguono tutti).
Gli altri, a casaccio, ne sparano di ogni, qualcuno scherza, qualcun altro indovina (ma magari lo sa), finché non gli dico che il loro smartphone è la nostra enciclopedia, per le prossime due ore. Chi trova per primo l’informazione esatta, la legge o la fa vedere agli altri.
– Fico, prof, ci piace.
– Allora? Chi è?
– Ah, ma aveva ragione Aurora, Piero Manzoni è un artista.
-Ah ecco! Ma è quello della Merda d’artista!
– Sì, un attimo che c’arriviamo.
Yuri alza la mano e dice che sua zia, che fa la collezionista, ha una scatoletta in cassaforte che vorrebbe vendere.
– Sai, Yuri, che vale dai 130 ai 150 mila euro?
Ma vale quanto un diamante, dice Martina.
– Sì ma dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior. (Rido.)
– E che vuol dire?
– Appuntatevi De André e alla fine della lezione forse lo capiamo.
Si va alla ricerca dei lavori di Piero che cito rintracciando una sequenza narrativa e cronologica.
– Sperimenta il colore con Yves Klein, ma poi realizza gli Achrome.
– Ma sono panini veri?
– Eh, sì!
– E queste uova?

Uovo con impronta n.14. Uovo, inchiostro, ovatta, legno. Performance Consumazione dell'arte dinamica del pubblico divorare l'arte. 1960
Uovo con impronta n.14.
Uovo, inchiostro, ovatta, legno.
Performance Consumazione dell’arte dinamica del pubblico divorare l’arte. 1960

– Fanno parte di una performance del 1960 che si chiamava Consumazione dell’arte dinamica del pubblico divorare l’arte, svolta nella Galleria Azimut di Milano. Si poteva scegliere di mangiare l’uovo sodo e segnato dalla sua impronta digitale, partecipando alla comunione con la fisicità dell’artista, o portarlo a casa inscatolato. Qualcuno, evidentemente, ha scelto la seconda opzione.
– E le Linee?
Un batuffolo di cotone imbevuto nell’inchiostro nero traccia linee che poi Piero inscatola, legge Annamaria.
Lo sapevo fare anch’io, dice Riccardo.
Sì, ma lui l’ha fatto prima, e negli anni Sessanta, risponde Ginevra.
– Cos’è una Base Magica?
Stupore e fascino nello scoprirsi opera di Piero Manzoni per via della Base Magica n°3, Socle du Monde – Hommage à Galileo del 1961, che si trova nel Kunstmuseum di Herning, in Danimarca.
– Ma ha fatto anche il Fiato d’artista! Ma adesso quel palloncino è sgonfio, che senso ha?
– Il senso sta nel fatto che ha contenuto l’aria soffiata dai suoi polmoni.
– Sì, prof, ma nelle scatolette, davvero c’è merda? Ma poi, questa azienda che l’ha aiutato. Ma che schifo!
– Agostino Bonalumi, suo grande amico, ha confessato che nelle scatolette c’è del gesso, invitando chi non ci crede, ad aprirne una. Ma aprirne una porterebbe alla distruzione dell’opera e il sarcasmo di Agostino sta tutto lì.
Inoltre, sulle 90 scatolette – il cui valore in origine era corrispondente a quello corrente dell’oro – c’era una clausola particolare: ognuna di esse esisteva pienamente se qualcuno ne perfezionava il contratto così come l’artista l’aveva previsto. In altre parole, Merda d’Artista sarebbe esistita solo se qualcuno l’avesse acquistata. E, ovviamente, se l’acquisto ne avesse preservato l’integrità. Insomma, quest’opera è tale perché c’è stato chi ha creduto nel suo progetto, già nel 1961.
Poi, qualcun altro dice anche che non c’è nulla…

Piero Manzoni, 1961. Scatola di latta, carta stampata e feci.
Merda d’Artista, 1961. Scatola di latta, carta stampata e feci.

Forse, davvero non c’è niente, risponde Nicolò.
E se non c’è niente, come fa a pesare trenta grammi? Aggiunge Carlotta.
Ma un museo potrebbe aprirne una, e se non c’è niente… tanto per loro non vale niente! Asserisce Ginevra.
– Il valore di un’opera esiste a prescindere da chi la conserva. E il ruolo di un museo, Ginevra, qual è, se non quello di conservare, preservare, storicizzare, esporre e rendere fruibile a tutti l’arte che entra a far parte della collezione?
Le domande si susseguono e provo a rispondere ad ognuno, spiegando il perché di un’azione così radicale e rapportando il lavoro al contesto storico, e alla relazione che Piero costruisce con un oggetto, investito di un concetto, per rimarcare il ruolo dell’artista e le contraddizioni nelle quali naviga il sistema dell’arte in quel periodo.
Alla fine una domanda la faccio anch’io:
– Ma se pure non ci fosse niente in questa scatoletta, potete provare a pensare a quale sia l’aspetto più inedito e attraente dell’operazione di Manzoni?
– La critica.
– L’effetto sorpresa.
– La presa in giro.
– È un niente che sa di qualcosa ma non so bene cosa.
– Un pensiero.
– Un pensiero… Ecco. Proviamo a ragionarci: non credete che, alla fine, in Merda d’artista, non è importante che ci sia merda, gesso o nulla?
– Beh, sì. In effetti, forse, ciò che vale è il pensiero.
Quindi, che ci sia merda, gesso o niente, quel vuoto fatto di incertezza può essere pieno di una e una sola cosa

– È pieno di un’idea, prof.

(…)

Piero e la Merda d'Artista. 1961.
Piero e la Merda d’Artista nella sua casa in via dei Fiori Chiari, a Milano nel 1961.

Suona la campanella e la lezione finisce pressappoco così, con l’illuminazione di uno di loro, l’idea che l’opera in questione e il suo autore siano stati rivoluzionari, e con un seme nella testa di ognuno, che forse in qualcuno germoglierà, prima o poi.
Dopotutto, è vero: dalla Merda nascono i fiori.

 

La classe è la I F del Liceo Artistico Michelangelo Guggenheim di Venezia.

 

2 consigli:
Piero Manzoni. Vita d’Artista di Flaminio Gualdoni. Joan&Levi Edizioni.
Piero Manzoni di Fausto Giliberti. Corraini Edizioni.

2 thoughts on “Concime per la mente. Breve racconto sulla Merda d’Artista.”

  1. L’insegnante assente ero io e io sono felice che gli studenti hanno potuto fare una lezione cosi . Ho sempre pensato che la s.arte va studiata contemporaneamente dall’ inizio e dalla fine. Grazie prof.paola e grazie ragazzi

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